La prima impressione è una sensazione naturale, comunemente sperimentata da tutti durante i primi secondi di interazione con una persona sconosciuta. Questo breve arco di tempo è una fase stimolo-sensoriale ed è caratterizzata da tutte quelle sensazioni che non sono il frutto di una valutazione o di un ragionamento ma scaturiscono dall’amigdala – zona cerebrale coinvolta nei processi emozionali – come risposta immediata, utile alla sopravvivenza dell’individuo. La prima impressione infatti, ha lo scopo evolutivo di “categorizzare” in modo rapido ed efficiente un soggetto sconosciuto.
Immaginate di camminare per strada quando, a un certo punto, il vostro sguardo viene attirato da qualcuno che si dirige verso di voi. Istintivamente cercherete di guardarlo per capire le sue intenzioni: se sta solo passeggiando o se cerca di avvicinarsi. Noterete l’abbigliamento, la postura, lo sguardo e ogni dettaglio che possa aiutarvi a valutare la situazione. Pochi secondi dopo avrete la sensazione di essere in pericolo oppure di aver solo incrociato un innocuo passante. Dai 3 ai 30 secondi è infatti il tempo che impieghiamo a costruire una prima impressione, “etichettando” un individuo e facendoci un’idea di lui che sarà difficilmente sradicabile.
L’importanza della prima impressione
Quando entriamo in contatto con una persona la nostra tendenza è quella di capire non solo quello che ci comunica ma anche quello che intende davvero dire, le sue vere intenzioni e finalità. Tendiamo a prestare maggior attenzione alle sensazioni che proviamo piuttosto che alle informazioni che si possono cogliere. Le prime comunicano alla nostra parte più irrazionale, al nostro istinto, e conducono ad una interpretazione della realtà che può essere scorretta poiché soggetta ad influenze personali, credenze, convinzioni, aspettative, finanche pregiudizi. Le informazioni, invece, sono colte attraverso i sensi e risultano meno arbitrarie in quanto verificabili.
A questo punto ti starai chiedendo: ma se è vero che le sensazioni non sono attendibili perchè la prima impressione ha un ruolo così importante?
Quando interagiamo con qualcuno, se la prima sensazione che abbiamo è di una persona gentile e disponibile, risponderemo spontaneamente in modo altrettanto aperto e cordiale, trasmettendo all’altro una corrispondente percezione di gradevolezza. Se invece abbiamo la sensazione che il nostro interlocutore sia ambiguo e distaccato, la nostra risposta sarà difensiva se non addirittura di rifiuto e finiremo con l’apparire a nostra volta poco gradevoli.
In entrambi i casi diventiamo autori di una profezia che si autorealizza, orientando inevitabilmente tutte le interazioni successive, anche quando le nostre valutazioni iniziali sono scorrette. Inoltre, la rapidità con cui si crea un giudizio risulta direttamente proporzionale alla lentezza con cui si tenderà a modificarlo.
La spiegazione di questo meccanismo risiede in alcuni processi cognitivi, tra cui i più importanti sono l’effetto primacy e l’effetto priming. Secondo l’effetto primacy, la nostra mente tende a ritenere vere le prime caratteristiche osservate in una persona, creando automaticamente una prima impressione che sarà difficilmente modificabile. L’effetto priming invece, è il meccanismo per cui siamo portati a confermare la nostra prima valutazione, distorcendo, scartando o giustificando le informazioni dissonanti con l’immagine che abbiamo creato. Quando queste percezioni si strutturano diventano estremamente resistenti al cambiamento e ci spingono inconsapevolmente a ricercare tutti i dati che possano confermarle.
Come posso fare una buona prima impressione?
Che ci piaccia o meno la prima impressione è fondamentale in molti contesti e, come scrisse Oscar Wilde, “non avremo una seconda opportunità per fare una buona prima impressione”. Dunque è necessario cercare di presentarci sempre al meglio, soprattutto quando dobbiamo affrontare colloqui di lavoro o altre situazioni in cui il tempo che abbiamo a disposizione per farci conoscere è limitato.
Nello specifico, vi sono alcuni fattori che possono influenzare la prima impressione e che giocano un ruolo determinante rispetto alle sensazioni che trasmettiamo al nostro interlocutore:
- Espressione del viso: incide sulle percezioni di cordialità, fiducia e tranquillità che risultano in particolar modo influenzate dalla presenza o assenza del sorriso. Un viso teso o imbronciato genera disagio e distacco, così come una mimica esagerata. Per calibrare al meglio la nostra comunicazione e desiderabilità, dovremmo avere un volto disteso con un sorriso accennato.
- Contatto oculare: ha effetti importanti sulla prima impressione ed in particolare nell’attivare una relazione empatica con l’altro. Se troppo sfuggente potrebbe trasmettere insicurezza e timore, se eccessivamente prolungato potrebbe indicare sfida o arroganza. Uno sguardo che si alterni tra gli occhi ed altre parti del volto e del corpo del nostro interlocutore riuscirà a metterlo a proprio agio.
- Gestualità: ad esempio, la posizione delle mani può influenzare la percezione di cordialità ed apertura all’altro, così come la stretta di mano può incidere sulla sensazione di sicurezza e fiducia.
- Prossemica: è correlata alla relazione che intercorre tra noi ed il nostro interlocutore e fa riferimento alla distanza fisica che manteniamo con lui.
- Odore: se eccessivo o sgradevole può generare nell’altro disgusto e rifiuto.
- Portamento e Postura: un’eccessiva rigidità può trasmettere insicurezza e creare disagio nel nostro interlocutore.
- Abbigliamento: ovviamente un abbigliamento curato e consono al contesto è un fattore che influenza positivamente l’altro. Tuttavia, se eccessivamente preciso e perfetto può generare sensazioni di fastidio e far irrigidire il nostro interlocutore. Inserire qualche piccola “imperfezione” che crei un contrasto, riuscirà a suscitare attrazione e curiosità nell’altro.
Queste potrebbero sembrare indicazioni superficiali o di poco conto, in realtà, sono attenzioni che potrebbero davvero fare la differenza quando presentiamo noi stessi. Non tutti sanno che comunichiamo anche quando pensiamo di non farlo. Qualsiasi comportamento o atteggiamento mettiamo in atto infatti, acquista per gli altri la valenza di messaggio. “Non si può non comunicare” recita il primo assioma della Pragmatica della comunicazione umana, proprio perché non è possibile un’interazione tra due persone in cui esse non si influenzino a vicenda.
È bene dunque ricordarsi che sicuramente l’abito non fa il monaco ma, di certo, lo fa entrare in monastero!
Per approfondire:
Solomon Asch, 1952. “Psicologia sociale”.
Cvetan Todorov, 2017. “Face Value: The Irresistible Influence of First Impressions” .
Bruno Mazzara, 1997. “Stereotipi e Pregiudizi”.
Paul Watzlawick , Janet Beavin, Donald Jackson, 1978. “Pragmatica della comunicazione umana”.