DOC da contaminazione e Coronavirus: l’incubo diventato realtà!

da | Mar 8, 2020

In queste ore, più che mai, è importante attenersi scrupolosamente alle indicazioni comportamentali delle Autorità sanitarie e governative sul contenimento igienico dell’emergenza in corso (LEGGI), evitando di lasciarsi andare a comportamenti di negazione o, al contrario, di panico irrazionale.

Cos’è il DOC da contaminazione

Tra tutti i disagi psicologici di cui l’uomo può soffrire, quello più toccato dalla contingente emergenza sanitaria da Covid-19 è il Doc da contaminazione. Ancora più dei problemi ipocondriaci. 
Chi soffre di questo disturbo – in periodi non a rischio epidemia come quello attuale – ha una particolare forma di disturbo ossessivo compulsivo (DOC) consistente nell’esigenza continua e compulsiva di lavarsi e decontaminarsi. Il terrore è appunto quello di un potenziale contagio, sia mediante agenti patogeni biologici (virus, batteri, parassiti, particolari alimenti), sia mediante veleni presenti nell’ambiente o tossine
Le ossessioni di contaminazione e le relative compulsioni di pulizia possono essere così intense da portare a comportamenti veramente esasperati, di cui l’esempio più iconico è il compulsivo lavaggio delle mani fino a spellarsi letteralmente la pelle e procurarsi arrossamenti e lesioni. Ma le compulsioni del DOC da contaminazione non finiscono qui. Ecco una veloce lista dei comportamenti più frequentemente messi in atto:
  • Lavarsi ripetutamente le mani ogni qual volta si tocca un qualsiasi oggetto oppure lavarsi ogni qual volta si ha la “sensazione” di sporco. 
  • Non toccare gli oggetti o le persone. 
  • Stare a debita distanza dagli altri.
  • Disinfettare continuamente gli oggetti o sé stessi (ad esempio mediante docce prolungate e lavaggi ripetuti e compulsivi di tutte le parti del corpo). Oppure mediante disinfezione continua degli oggetti che frequentemente si toccano o  maneggiano (ad esempio disinfezione del cellulare, della tastiera del computer, delle maniglie della porte, ecc.).
  • Uso di guanti, fazzoletti, mascherine o altri presidi precauzionali che evitino il contatto fisico diretto con gli oggetti, con le maniglie delle porte, i vestiti. In genere la carta e gli asciugamani sono usati in quantità “industriali”. 
  • Paura e relativo evitamento di tutti i luoghi “medicalizzati” o “sanitari”, come ad esempio gli ospedali, i pronto soccorso, i cimiteri, dove potenzialmente è più probabile contagiarsi per la presenza di malattie infettive.
  • Lavaggio immediato dei vestiti (o tendaggi, o tessuti presenti in casa) che si pensa possano essersi contaminati ad esempio uscendo di casa. Compreso il disinfettare le confezioni degli alimenti prima di riporli in frigo.
  • Richiesta di farsi aiutare (in genere fatta ai familiari, ai partner, ai genitori) nel compiere i comportamenti e i rituali di decontaminazione e di pulizia. Spesso consiste in una richiesta di “sostituzione”, ovvero far toccare e fare ad altri (ad esempio fare la lavatrice) ciò che si teme di fare in prima persona per il timore di contaminarsi.
La caratteristica più importante di questi comportamenti patologici è quella di essere apertamente eccessivi, esagerati, amplificati, scollegati da un piano di realistico allarme per il rischio temuto. Lavarsi le mani ogni qual volta si entra in contatto in casa con un oggetto domestico – una forchetta, un libro, una maniglia – è palesemente irrazionale… a meno che non si viva in una baraccopoli senza acqua corrente e con fogne a cielo aperto. La seconda importante caratteristica è che questi comportamenti sono compulsivi, ovverosia sono quasi impossibili da trattenere: la persona si sente assolutamente impossibilitata a non farli, pena il vivere un intenso stato di ansia e di disagio 
Questa brevissima clip di Buster Keaton rappresenta bene il dramma di chi soffre di un DOC da contaminazione.

DOC e Coronavirus: una sinergia esplosiva

Purtroppo, se a un quadro del genere si somma un’emergenza sanitaria di portata mondiale che paventa il rischio di una pandemia infettiva da virus influenzale letale… il panico è presto fatto!
La corrispondenza tra le indicazioni delle autorità sanitarie e governative, volte a contenere il rischio contagio, e i comportamenti compulsivi di decontaminazione e pulizia è assolutamente ovvia e scontata. Vediamo cosa è fortemente raccomandato dal Governo e dal Ministero della Salute italiano:
Ovvio che in una situazione di emergenza sanitaria come quella attuale e con le misure necessarie e sacrosante messe in atto dalle istituzioni preposte per contenere il rischio contagio, il peggiore degli incubi per un paziente affetto da DOC da contaminazione… si è trasformato in realtà!
Inoltre, questa situazione può terrorizzare al punto da far sviluppare un’ansia da contaminazione imminente anche in persone non precedentemente affette da questo disturbo, che verranno presumibilmente indotte a sviluppare dei comportamenti compulsivi, eccessivi e irrazionali da fobia della contaminazione e del contagio, rischiando così di sviluppare a loro volta un disturbo ossessivo compulsivo.

Il lato positivo…

Per quanto paradossale possa sembrare… è comunque importante saper guardare anche al lato positivo di questa emergenza sanitaria mondiale. 
Oggigiorno, le potenziali epidemie virali ci insegnano quanto sia ancora attuale il pericolo biologico di soccombere a microrganismi tanto invisibili quanto letali. E conseguentemente, quanto sia importante l’igiene personale e tutte quelle attenzioni comportamentali che ci ricordano che esiste un mondo invisibile ai nostri occhi, ma estremamente presente in natura. Il mondo dei microrganismi. 
La lezione di importanti scienziati del passato, che hanno letteralmente sacrificato la loro vita, è spesso lasciata nel dimenticatoio della storia, anche se più che mai attuale proprio oggi. Mi riferisco alla vicenda di Ignàc Semmelweis, un medico ungherese che per primo intuì l’esistenza di questo microcosmo invisibile ad occhio nudo. Era il 1847 e Semmelweis cercava di risolvere un drammatico dilemma: la frequente morte per febbre puerperale delle donne ricoverate presso la prima divisione della clinica ostetrica all’Ospedale generale di Vienna. Qui lavoravano molti assistenti medici che per motivi di formazione avevano l’obbligo di eseguire fino a 15-16 autopsie al giorno per poi direttamente procedere alle visite ostetriche delle partorienti.
C’era anche una seconda divisione della clinica ostetrica all’Ospedale, dove al contrario a far partorire le donne c’erano le ostetriche, e che annoverava una percentuale di decessi infinitamente inferiore. Semmelweis ipotizzò diverse cose prima di trovare l’illuminante (per quei tempi) soluzione: arrivò addirittura a pensare che le donne potessero decedere per “autosuggestione” a causa della campanella del prete che ogni tanto passava nel reparto a dare l’estrema unzione. Gli chiese di smetterla (con la campanella), ma le morti non si arrestarono. 
Infine capì: la febbre puerperale veniva trasferita da un corpo all’altro a seguito del contatto che i medici e gli studenti di medicina avevano prima con i cadaveri su cui praticavano autopsie ed immediatamente dopo con le partorienti che andavano a visitare in corsia. Gli chiese di lavarsi le mani con cloruro di calce, un potente disinfettante usato anche dai pulitori delle reti fognarie della città, e le morti cessarono immediatamente.  
Ironia della sorte, i medici di allora non credettero alle prove di Semmelweis e non erano certo disposti a farsi dare dell’untore. Egli fu allontanato e finì i suoi giorni rinchiuso in una clinica psichiatrica, salvatore inascoltato delle giovani mamme. Finalmente, ma solo quarant’anni dopo, Pasteur e Lister dimostrarono la grandezza dell’intuizione di Semmelweis.
In Italia, fino all’arrivo del Coronavirus, l’educazione civica alle più basilari norme di igiene interpersonale… era ferma a prima di Semmelweis. Persone che facevano un punto di orgoglio personale il presentarsi al lavoro influenzati. Una sciatteria comportamentale che portava a starnutire fragorosamente in campo aperto e “a spruzzo libero” (altro che gomito). Un infischiarsene ridanciano e arrogante del fatto che stando male si potesse contagiare altre persone (sì, con una semplice influenza) andandosene in giro smoccolanti e toccando tutto e tutti.
Ecco cosa impareremo, che quando riprenderemo a toccarci e a baciarci perché questa spiacevole esperienza sarà passata, dovremo farlo con una piccola consapevolezza in più. La consapevolezza che siamo organismi complessi e vulnerabili in un mondo di infiniti altri microrganismi e che il rispetto reciproco passa anche dal riconoscimento di questa realtà.
È un momento in cui la nostra convivenza civile è messa a dura prova: le restrizioni alla libertà, al movimento e alla vicinanza reciproca minano le nostre più scontate abitudini antropologiche. È quindi importante ricordare che lasciarsi andare ad eccessi e irrazionalità nei comportamenti non avrà esiti “più protettivi” ma contribuirà solo ad aumentare l’ansia e il panico individuale trasformandosi in un disturbo ossessivo compulsivo.
E non posso che concludere con una punta di leggerezza. L’artista sa spesso cogliere i due lati del problema, eccesso e razionalità, con una magica ironia.

PER APPROFONDIRE:

Alessandro Bartoletti. Pensieri brutti e cattivi. Ossessioni tabù: come liberarsene. FrancoAngeli, 2019.
Alessandro Bartoletti, Giorgio Nardone. La paura delle malattie. Psicoterapia breve strategica dell’ipocondria. Ponte alle Grazie, 2018.
Giorgio Nardone, Claudette Portelli. Ossessioni, compulsioni, manie. Capirle e sconfiggerle in tempi brevi. Ponte alle Grazie, 2013.

 

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