La Terapia Breve Strategica per l’Ipocondria, l’Ansia per la Salute, la Patofobia, la Paure delle Malattie

IPOCONDRIA: LA PAURA DELLE MALATTIE

COSA E’, COME SI CURA CON LA PSICOTERAPIA BREVE STRATEGICA

Tutti abbiamo paura delle malattie. Perché non dovremmo? La paura di una morte improvvisa o di una prolungata sofferenza è la paura più naturale di cui si possa soffrire. Gia nell’antica Grecia si soffriva di ipocondria, come ci racconta Ippocrate di Cos, il più famoso medico dell’antichità.

Una sana attenzione alla nostra salute ci permette di prenderci cura di noi stessi, vivere sani, felici e a lungo. Quando però la paura si trasforma in terrore entriamo nel campo della sofferenza e del disagio psicologico. E un dato è certo: la paura delle malattie crea grande sofferenza, fa vivere male, limita intensamente la sfera personale, familiare, lavorativa e psicologica.

I DIVERSI VOLTI DELL’IPOCONDRIA

Per chi soffre di ipocondria, però, la paura ha diverse sfaccettature: paura delle malattie, della morte, della sofferenza fisica, di sintomi fisici dolorosi, fastidiosi e persistenti. In tutto ciò non c’è nulla di immaginario: la sofferenza è reale, vera, genuina. Piuttosto, è fondamentale essere aiutati a superare l’ansia e la paura per i sintomi e per le malattie anche nei casi in cui, dopo ripetuti accertamenti medici con esito negativo, permane l’idea di soffrire di qualche malattia: è ormai ampiamente dimostrato che l’ansia e la paura amplificano e peggiorano qualsiasi forma di sofferenza fisica.

Le paure ipocondriache non sono tutte uguali. Alcuni timori possono modificarsi nel tempo, altri rimangono fissi negli anni. Per alcune persone l’idea di soffrire potenzialmente di qualche problema fisico è il vero terrore, altri sono invece sfiniti da un sintomo fisico persistente, doloroso, fastidioso, pur continuando a sentirsi dire da medici o parenti «non è niente». Oltre al danno, la beffa. Le paure ipocondriache sono infatti tra le più intense cause di disagio psicologico. Vediamo, allora, le principali forme dei problemi ipocondriaci.

L’IPOCONDRIA GENERALIZZATA: LA CLASSICA PAURA DELLE MALATTIE

Quando si pensa all’ipocondria si pensa quasi sempre alla generica paura delle malattie. Questa condizione è in effetti la più comune e si manifesta con una forma di paura generalizzata nei confronti delle malattie e dei sintomi corporei, che si modifica nel tempo. E’ comune infatti che chi ne soffre «cambi» periodicamente l’oggetto delle sue paure. Per alcuni periodi si può essere ad esempio terrorizzati da alcuni sintomi fisici che richiamano l’idea di soffrire di una determinata patologia, ad esempio un tumore. In altri periodi, sintomi come agitazione, tachicardia, irrequietezza, possono richiamare l’idea di soffrire di qualche disturbo cardiaco o cardio-vascolare. In altri ancora, un sintomo o un dolore, come ad esempio un fastidio muscolare o un dolore articolare, innescano il timore di avere malattie degenerative come la Sclerosi Multipla o la Leucemia. L’intervento di psicoterapia breve strategica sarà in questi casi indirizzato a guarire questo continuo «processo di generazione» di paure vecchie e nuove.

La caratteristica principale dell’ipocondria generalizzata è la sua mutevolezza: la paura è cangiante, migra, passa da periodi in cui si è focalizzati su un aspetto a periodi in cui la paura prende un’altra forma o un’altra localizzazione corporea.  Si assiste a una continua “migrazione” dei sintomi e delle cause del problema. La persona alterna periodi in cui l’attenzione è focalizzata su alcuni sintomi e timori, per esempio la paura  di un tumore cerebrale a causa delle vertigini, ad altri in cui cambia il focus della paura, per esempio, la paura di un’infezione intestinale generata da sintomi come il mal di pancia.

LE MALATTIE PIÙ TEMUTE

Le malattie più gettonate sono i tumori (in tutte le sue forme e varianti); i disturbi cardiocircolatori (ictus, infarto del miocardio, stroke); le malattie autoimmuni (sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica, leucemia); le malattie virali o batteriche (Ebola, Hiv, sifilide, Covid-19); ma si può essere terrorizzati anche all’idea di soffrire di malattie sconosciute (sintomi generici come spossatezza, sensazioni vaghe e indecifrabi).

Il tumore (o cancro) rimane la più spaventosa e terribile tra le malattie. Di esso si teme il dolore spesso associato alle cure e l’alto tasso di mortalità che sovente le viene attribuito.

I sintomi possono essere focalizzati su singoli organi o su singole patologie, ma uno degli aspetti più caratteristici dell’ipocondria è la poca importanza data ai sintomi in sé: la sofferenza provocata dai sintomi è quasi sempre in secondo piano. La persona si lamenta dei sintomi che avverte non a causa della sofferenza fisica (dolori acuti, spasmi, etc.) ma a causa delle potenziali conseguenze negative e catastrofiche che deriverebbero in termini di malattie a esso associate.

CATASTROFISMO, DUBBI, TENTATE SOLUZIONI E COMPORTAMENTI TIPICI DELL’IPOCONDRIACO

  • L’ASCOLTO E LA CONTINUA RICERCA DIAGNOSTICA. Le persone che soffrono di questo disturbo sono costantemente spaventate dalla potenziale presenza di una malattia nel proprio corpo, ne consegue una spasmodica e continua ricerca di sintomi, fastidi, sensazioni preoccupanti, dolori che attuano ascoltandosi continuamente e sottoponendosi a ripetute visite specialistiche, esami diagnostici fino a veri e propri check up.
  • IL DR. GOOGLE E IL CONSULTO DI INTERNET. L’altro frequente e pervasivo comportamento di ricerca diagnostica è la consultazione di Internet per rassicurarsi su sintomi, malattie, diagnosi, cure. E’ la cosiddetta cybercondria, un fenomeno sempre più consolidato e in aumento grazie all’avvento dell’era digitale.
  • I DUBBI E IL CATASTROFISMO. La ricerca diagnostica e l’ascolto dei segnali del corpo generano uno stato di forte apprensione emotiva, dubbi mentali e catastrofismo ideativoIl dubbio è il processo generatore dell’incertezza.  E possono essere i più disparati: «E se , come ho letto su internet, questa spossatezza fosse l’inizio di una sclerosi?» «E se le vertigini indicassero che sto avendo un ictus o che si sta formando un tumore nel mio cervello?» «E se le sensazioni allo stomaco fossero qualcosa di virale?» Il dubbio è il principale germe del catastrofismo. Consiste nel prevedere, immaginare e percepire i più foschi e mortali scenari di malattia. Malattie a progressione lenta e degenerativa, malattie improvvise come un infarto, malattie che provocano gravi disabilità progressive e permanenti come la sclerosi, malattie che portano grande sofferenza fisica e mentale come tumore osseo, del pancreas, sarcomi, malattie sconosciute e inspiegabili per cui non esiste cura.
  • SFOGARSI E PARLARE. Da ultimo, ma non certo per importanza, vi è quel comportamento considerato “iconico” dell’ipocondria: lo sfogo relazionale. Il parlare, comunicare le proprie ansie, condividere le proprie angosce, i propri timori sono il modo più diretto con cui il paziente ipocondriaco sommerge il sistema di relazioni a lui vicino: coniugi, familiari stretti, parenti, amici, conoscenti, colleghi, perfino estranei. La continua lamentazione e il comunicare i propri timori e le proprie paure ha il potentissimo effetto di amplificazione interna delle proprie percezioni, ideazioni ed emozioni, suggellando definitivamente il ciclo vizioso dell’ipocondria classica.

LA CARDIOFOBIA: LA PAURA DELL’INFARTO, DELL’ICTUS E DEI PROBLEMI CARDIACI

A differenza della forma più generalizzata di ipocondria, nella cardiofobia l’oggetto della paura è stabile e ben definito: la paura di avere un infarto, un ictus, un problema pressorio, un malfunzionamento cardiaco.  Chi soffre di cardiofobia è infatti terrorizzato dai reali sintomi cardiaci che percepisce: tachicardia, pressione alta, aritmie, dolori o fastidi al petto, al braccio, ecc. Ancora una volta, ciò che percepisce è reale al 100%, ed è anche il motivo che porta a fare frequenti consulti medici e cardiologici in particolare, oppure nell’evitarli del tutto.

Chi ne soffre è portato ad abbandonare gradualmente qualsiasi situazione che potrebbe innescare un rischio cardiaco. E’ così che gradualmente si abbandona ogni tipo di attività fisica, si seguono regimi alimentari eccessivamente controllati, e gradualmente si smette anche di muoversi, andare in giro, viaggiare per il timore di poter essere adeguatamente soccorsi se dovessero sopraggiungere problemi cardiaci lontani da casa.  In questi casi, l’intervento di psicoterapia breve strategica sarà più focalizzato sul «riappropriarsi» delle sensazioni  cardiache senza entrare in ansia o in panico.

La cardiofobia è spesso erroneamente confusa con il disturbo di attacchi di panico. Ciò avviene in quanto il timore vissuto nei confornti delle proprie sensazioni cardiache (tachicardia, battito irregolare, aritmie, sensazioni di pressione troppo alta o troppo bassa) è così destabilizzante da indurre la persona a recarsi al pronto soccorso e a fare frequenti visite cardiologiche.

LA PAURA DELLA MORTE: TANATOFOBIA E MORTE “CALENDARIZZATA”

Quando parliamo di paura della morte o «tanatofobia» (questo il nome scientifico) non ci riferiamo, solo e ovviamente, al naturale e funzionale istinto di sopravvivenza che ogni essere vivente possiede. L’ossessione della morte è piuttosto una forma di fobia che porta le persone a evitare tutti gli stimoli che possano ricordare o associarsi al concetto di morte. Si evitano, ad esempio, tutte le notizie riguardanti malattie, sciagure, morti, si evitano situazione come cimiteri (o se costretti, si vive la situazione con estremo disagio), ospedali, visite a familiari malati, ecc. Ci si immagina spesso la situazione della propria morte, come conseguenza di una malattia veloce e repentina oppure lenta e degenerativa. La paura della morte porta anche a ossessionarsi del post-mortem, non inteso filosoficamente («cosa ci sarà dopo la morte?»), ma piuttosto emotivamente soffermandosi sulla sofferenza che proverebbero i familiari/amici in caso di decesso o malattia e su come riusciranno ad andare avanti («come sopravviveranno senza di me?»).

La tanatofobia produce spesso grosse limitazioni sociali e disagio personale. Essa è superabile con un lavoro breve strategico che «riumanizzi» le normali aspettative di vita… e di morte.

 

Una frequente e poco conosciuta forma di tanatofobia consiste invece nella convinzione pervasiva che la morte sia imminente o «calendarizzata». In questi casi la paura di morire si esprime nella certezza quasi assoluta che la morte stia per arrivare da un momento all’altro. oppure nella convinzione che si morirà in una data “prestabilita”. Questa fobia ipocondriaca è infatti spesso collegata a qualche esperienza di lutto drammatico precedentemete vissuto. Una paura simile alla cosiddetta sindrome di reazione agli anniversari (anniversary reaction), ovvero l’insorgenza di sintomi fisici in coincidenza con l’anniversario di morte o di malattia vissuta da un familiare, o quando il paziente raggiunge l’età del defunto.

 

SOMATIZZAZIONI, FASTIDI CORPOREI, DOLORE CRONICO

Altra notevole fonte di disagio è quella che si esprime attraverso il corpo. In questo caso i sintomi corporei, i dolori, i fastidi, le somatizzazioni (intese come intense focalizzazioni sul corpo che si esprimono attraverso sintomi e problemi corporei) possono cronicizzarsi nel tempo e diventare veri e propri disturbi strutturati (sindromi). Le somatizzazioni più frequenti sono quelle che vedono coinvolto l’apparato digerente (diarrea, dolori addominali, bruciore gastrico, ecc.) ma sono possibili somatizzazioni in qualsiasi funzione corporea: muscolo-articolare (dolori, infiammazioni, spossatezza generale, ecc.), respiratoria e cardiaca (dolori toracici, tachicardia, ecc.), sensoriale (vertigini, acufeni, ecc.) Il lavoro strategico procederà in questo caso a «desensibilizzare» la funzione interessata.

In questa forma di disagio la persona è meno spaventata dal concetto di malattia e di morte ma prova piuttosto un disagio clinicamente significativo nei confronti dei propri sintomi. Da qui ne consegue un comportamento di continua ricerca delle cause e delle soluzioni mediche.

La persona è molto focalizzata sul proprio, in particolare sulle sensazioni di dolore, che ascolta e ricerca spesso. Tale atteggiamento prende il nome di ricerca algica.

Ciò porta il paziente con somatizzazioni ad attuare alcuni comportamenti tipici:

  • Richiesta diagnostica e terapeutica ricorrente, con conseguente rischio di accanimento terapeutico e farmacologico che aumenta il rischio di cronicizzazione del disturbo.
  • Comportamenti di precauzione ed evitamento nel tentativo di “gestire” i propri sintomi. L’atteggiamento “protettivo” nei confronti dei priopri sintomi, come ad esempio l’evitamento di qualsiasi attività motoria e sportiva in risposta a fastidi muscolo-articolari, produce una ulteriore cronicizzazione degli stessi.

LE TENTATE SOLUZIONI DI CHI SOFFRE DI IPOCONDRIA

Le «tentate soluzioni» rappresentano la chiave di comprensione e di intervento più importante a nostra disposizione per i problemi di ipocondria. Le tentate soluzioni sono l’insieme delle modalità attuate – spesso in modo del tutto involontario e inconsapevole, altre volte in modo deliberato e in buona fede –  che invece di aiutare a risolvere il problema lo complicano ancora di più. Una soluzione inefficace, infatti, se reiterata nel tempo diventa essa stessa parte integrante del problema. Si tratta dunque di studiare i meccanismi di persistenza del problema. Nel caso della paura delle malattie è possibile identificare alcune classi tipiche di tentate soluzioni disfunzionali, che sono trasversali alle diverse tipologie di ipocondria che abbiamo descritto poc’anzi.

  • LA CONTINUA RICERCA DELLA RASSICURAZIONE DIAGNOSTICA. La prima tipica reazione di chi soffre di questi problemi è l’insistenza nel ricercare una rassicurazione medico-diagnostica. Il termine inglese «doctor shopping» (shopping sanitario) dipinge bene questo comportamento. La ricerca di rassicurazione medica si esprime mediante visite mediche continue, esami diagnostici strumentali, visite specialistiche, e attraverso «compulsive» ricerche su Internet, la cosiddetta cybercondria, ovvero il ricorso ala “medico digitale”.
  • LO SFOGO RELAZIONALE, IL PARLARE, LA LAMENTAZIONE. La ricerca di rassicurazione si manifesta anche con il resto del proprio mondo relazionale: coniugi, amici, parenti, conoscenti, ecc. vengono letteralmente travolti dalle richieste di rassicurazione e dal bisogno di condividere le proprie ansie e le preoccupazioni. Si finisce per non parlare d’altro, gli argomenti di conversazione e di comunicazione sono quasi totalmente catalizzati dall’argomento sintomi e malattie.
  • CONTROLLO E ASCOLTO MENTALE E COMPORTAMENTALE. Altro aspetto caratteristico è quello relativo al «mental checking» e al «body checking», il controllo e l’ascolto corporeo. Tipici sono infatti i comportamenti di autoispezione corporea «a sensazione» e strumentale mediante indagini diagnostiche e di laboratorio. La persona può passare diverso tempo a “ispezionarsi” e ad ascoltarsi per identificare potenziali sintomi, fastidi, dolori indicatori di una qualche malattia già in corso o potenziale.
  • EVITAMENTI E PRECAUZIONI. Sul fronte opposto della ricerca diagnostica è possibile osservare copioni comportamentali opposti: la persona, essendo così terrorizzata dall’idea di scoprire una qualche malattia nel proprio corpo, evita così qualsiasi forma di controllo medico o di indagine diagnostica. Allo stesso tempo evita qualsiasi stimolo informativo o percettivo che possa ricondurlo a pensare alle malattie e a problemi medici. A ciò si aggiunge la tendenza a costruirsi precauzione che possano proteggere dai rischi come ad esempio l’evitamento di attività fisiche, regimi alimentari ortoressici, l’evitare di spostarsi da luoghi sicuri e vicini. 
  • CRONICIZZAZIONE FARMACOLOGICA E MEDICA. La cronicizzazione farmacologica l’ipermedicalizzazione rappresentano le tentate soluzioni più spesso adottate dal medico. Non certo per nuocere volontariamente al paziente, ma più spesso per esasperazione, per gestire le sue continue richieste, e spinti dall’illusione che a forza di assecondarlo alla fine si possa tranquillizzare. Va anche detto che il paziente ipocondriaco è colui che mette più a dura prova le capacità relazionali del medico, la sua pazienza, la sua razionalità il suo buon senso. Purtroppo, il ricorso a farmaci e altre procedure mediche è l’unica arma a disposizione del medico, l’unica formazione professionale (e forma mentis) in suo possesso.

CURARE E GUARIRE L’IPOCONDRIA: LA PSICOTERAPIA BREVE STRATEGICA DELLA PAURA DELLE MALATTIE

I PRINCIPI DELL’INTERVENTO

E’ possibile superare la paura delle malattie nelle sue svariate forme mediante un percorso focalizzato sul presente e sui meccanismi attuali di persistenza del problema. Le vecchie teorie  secondo le quali le manifestazioni ipocondriache sarebbero forme di aggressività inespressa sono ormai ampiamente superate e confutate.

Al contrario, oltre ad essere impostato sul «qui e ora», il lavoro breve strategico è volto a ricostruire gli equilibri saltati nel rapporto con il proprio corpo e con la paura. L’obiettivo è dunque quello di ritrovare un sano rapporto con il proprio corpo e con le proprie sensazioni in grado di restituire alla persona uno stato di benessere psico-fisico e di salute.

5 OBIETTIVI TERAPEUTICI NELL’INTERVENTO BREVE STRATEGICO PER L’IPOCONDRIA

  1. Il paziente ipocondriaco, pur ascoltando e controllando compulsivamente il proprio corpo, ha difficoltà a stare in contatto con le proprie sensazioni, con i propri sintomi. Tende a fuggire da essi, ha difficoltà ad accettare le sensazioni fisiche del momento, «rifugiandosi» nell’ideazione catastrofista. Primo obiettivo del lavoro terapeutico è quello di costruire (o ristabilire) un contatto percettivo sereno con il proprio corpo e con le proprie sensazioni o sintomi.
  2. Un secondo importante comportamento responsabile del mantenimento del disturbo è il ricorso ai due grandi specialisti, il Dr.House e il Dr. Google – ovverosia la ricerca continua di diagnosi e rassicurazioni mediche. Ecco che una seconda logica di soluzione guiderà il terapeuta a incanalare entro confini di sana prevenzione e ricorso a cure mediche necessarie la continua ricerca diagnostica e di rassicurazione medica.
  3. Abbiamo osservato che la tentata soluzione più rappresentativa – l’incarnazione più iconica dell’ipocondria – è la socializzazione e la lamentazione. Dovremo quindi guidare il paziente a incanalare e far defluire la socializzazione e la lamentazione attraverso strumenti di gestione delle ansie catastrofiste invece di esserne travolto. In ottica strategica è, quando necessario, utile coinvolgere direttamente o indirettamente il sistema familiare del paziente che può essere guidato a usare le strategie più idonee per aiutarlo. 
  4. Altra tipica modalità per affrontare la paura delle malattie e della morte consiste nel mettere in atto tutta una serie dicomportamenti di evitamento e di precauzione allo scopo di difendersi da realtà percepite come minacciose. L’intervento strategico guiderà il paziente a confrontarsi con gli stimoli temuti senza entrare in ansia. 
  5. Non c’è cambiamento efficace senza consolidamento di un nuovo equilibrio esistenziale. Questo prevede – soprattuto nella fase iniziale della terapia – di interrompere l’accanimento terapeutico; mentre, nella fase finale, di lavorare per la costruzione di un equilibrio di maggior benessere e dunque apportare miglioramenti allo stile di vita.

BIBLIOGRAFIA STRATEGICA DI RIFERIMENTO

ALESSANDRO BARTOLETTI, GIORGIO NARDONE. LA PAURA DELLE MALATTIE. Psicoterapia breve strategica dell’ipocondria. Ponte alle grazie, 2018.

Il principio terapeutico per superare l’ipocondria consiste nel recuperare il contatto diretto con il proprio corpo, senza per questo sostituirsi al medico e alla medicina. È qui che la Psicoterapia Breve Strategica può venirci in aiuto per sconfiggere la paura e riportare l’ansia entro un confine gestibile e non più patologico. Con le giuste strategie, è infatti possibile superare la paura delle malattie e convivere con l’idea della morte… pur non essendo ancora in grado di risuscitare.

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www.lapauradellemalattie.it

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